06 – Villa De Piccoli, Savorgnan di Brazza’

Percorso turistico Dedicato a Caterina - Percorsi di Terra e Cultura

N. 6  Villa De Piccoli, Savorgnan Di Brazzà
Caterina Percoto: una donna moderna, affascinata dal futuro

Caterina Percoto era una donna decisamente proiettata verso il futuro. Era affascinata dalle nuove scoperte, dalle nuove frontiere della tecnologia, dai cambiamenti epocali che avvenivano nel periodo… ma Caterina era una persona molto avanti anche nella visione della società che sognava più umana e libera dalle regole sociali che giudicava decisamente ingiuste soprattutto per le donne…

Le scoperte di Pietro Savorgnan di Brazzà
La nostra scrittrice era molto legata all’esploratore Pietro Savorgnan di Brazzà che conosceva perché la sua villa di famiglia era proprio a pochi passi da Casa Percoto. Pietro fu uno dei più famosi esploratori dell’Africa Subsahariana durante la seconda metà dell’Ottocento. Quando era in Italia, visse prevalentemente a Roma anche se spesso si recava in Friuli, a godere della pace e della bellezza del posto. Con Caterina, Pietro di Brazzà ebbe una nutrita corrispondenza nella quale il grande esploratore descriveva i luoghi, le persone e le avventure che ogni giorno si trovava ad affrontare. I luoghi esotici, le usanze, le bellezze di quelle terre erano per l’autrice fonte di inestimabile stupore anche se quello che legava Pietro all’ormai attempata Caterina era una visione molto umana anche di etnie tanto diverse dalla loro e l’idea che fosse giusto instaurare con le popolazioni locali un dialogo rispettoso della cultura e dei valori. Forte era in entrambi il disgusto per la schiavitù, i maltrattamenti e l’atteggiamento di superiorità che spesso gli esploratori si trovavano ad avere. Pensate che ai tempi, la figura dell’esploratore eccelso era legata a uomini come Henry M. Stanley, chiamato lo ‘spacca pietre’, che quasi legittimò la superiorità bianca sulla razza nera con esplorazioni portate avanti con grande crudeltà e cinismo. Per avere la chiara differenza tra queste due correnti di pensiero basta solo vedere le foto ‘ufficiali’ di Stanley e del di Brazzà: in tenuta militare con il fucile in mano il primo, scalzo e in abiti locali il secondo…

La ‘strada ferrata’
Il tema della ferrovia entra nell’immaginario collettivo europeo alla fine degli anni ’30 dell’Ottocento e ovviamente compare anche nelle novelle della nostra autrice, sempre
aggiornata e affascinata dalle novità e dai progressi del mondo contemporaneo, pur vivendo fisicamente isolata e lontana dai centri di cultura italiani e stranieri. Per quanto riguarda il treno,
Caterina comincerà a scriverne dopo averlo provato di persona, nel suo viaggio da Trieste a Vienna fatto nel 1847 all’età di 35 anni. C’è da dire che questa sua prima esperienza è molto travagliata perché la linea, non ancora terminata, obbliga a lunghe tratte in diliganche alle migrazioni degli uomini soprattutto in Germania che avviene proprio per la costruzione assidua di nuove ferrovie (nei suoi progetti c’era anche un racconto sull’emigrazione friulana in America – vedi BCU. F.p., MS4056). Caterina è comunque affascinata dal treno che descrive come un ‘monumento della potenza dell’uomo’: nel viaggiare più velocemente, inoltre, Caterina vede nuove prospettive per la diffusione delle idee e quindi per il raggiungimento di nuovi, incredibili, traguardi. Tra questi, sicuramente il piacere di essere più vicina ai suoi amici lontani, come Carlo Tenca, a cui nel 1858 scrive: ‘Da qui a due anni, quando sarà compiuta la strada ferrata S.Lorenzo con la stazione di S. Giovanni, cioè a due passi di distanza, diventerà vicina a Milano più che adesso non lo è Udine, se non altro per la vinta difficoltà dei torrenti che talvolta colle loro piene ci tengono ora più e più giorni segregati da ogni comunicazione: allora, mentre trapasserete sull’alto del magnifico ponte del Nadisone che stanno costruendo, alla vista del cipresso che segna la mia povera villetta, voi mi donerete un pensiero di mesta ed affettuosa ricordanza, e guardato da quel punto vi parrà forse ameno il paese ch’io ho tanto amato e le cui bellezze naturali avrò facilmente di troppo esagerato’.

Protagonista del cambiamento
Caterina Percoto era una donna libera perché è riuscita sempre a vivere seguendo le sue convinzioni senza badare più di tanto all’etichetta e a quello che le altre persone potevano dire di lei. Prova di questo, è un ‘imbrogliatissimo affare’ realmente accaduto che possiamo ricostruire attraverso un carteggio manoscritto ancora conservato presso la Biblioteca Civica Joppi di Udine e non ancora pubblicato. La storia è quella di sempre: un ragazzo povero che ‘mette nei guai’ una ragazza di buona famiglia e, al suo intento di sposarla, viene allontanato dal padre di lei senza possibilità d’appello. La ragazza è Giulia Petrejo, appartenente ad una famiglia di Lavariano, mentre il ragazzo è Antonio, nipote della Percoto e maestro di scuola che appena viene rifiutato dalla famiglia di lei si rivolge alla zia per aiuto. Caterina è ovviamente inorridita: come si fa a non volere che due ragazzi che si vogliono bene non si sposino e che una piccola creatura cresca in un orfanotrofio? È molto interessante vedere che nelle lettere di Caterina non c’è alcun rimprovero ai due giovani che, comunque, a onor del vero hanno infranto le regole. Nelle sue parole c’è solo tenerezza, comprensione e desiderio di vedere i due ragazzi sposati così da coronare il loro sogno d’amore. Tutta la vicenda è veramente appassionante: Caterina all’inizio cerca di convincere il padre di lei ad essere clemente. Il padre, di contro, ha paura che qualcosa possa succedere senza il suo consenso e così obbliga Giulia ad andare a Venezia e a stare nascosta a casa della famiglia del cavalier Pucci, dentista. Grazie alle sue conoscenze, Caterina riesce comunque a trovare la ragazza e, dopo grandi insistenze, anche a vederla: la giovane, ormai avanti con la gravidanza, viene tenuta in una stanza fredda e così umida che la carta da parati si stacca dalle pareti. Giulia è spaventata, triste e scoraggiata ma Caterina le da forza, convinta che la situazione avrà un lieto fine. Per questo, l’autrice riesce a coinvolgere addirittura il Patriarca di San Marco che, se non il placet del padre, riesce a migliorare le condizioni di vita della giovane. Nasce la piccola Caterina Federica Cecilia che viene scritta nel registro parrocchiale di San Marco come figlia di Giulia Petrejo e Antonio Percoto. La registrazione però dura poco perché il cavalier Pucci riesce a rettificare il documento e a mettere ‘figlia di ignoti’.
Quando Caterina non è a Venezia, non manca mai di recarsi a casa Petrejo: dopo la nascita della piccola, però, il padre le comunica che vuole far firmare una carta alla figlia dove promette di non
sposare mai Antonio e di lasciare la piccola all’orfanotrofio. Caterina si arrabbia e promette di intervenire in modo ancora più incisivo. La famiglia Petrejo allora si mette in allerta e decide di far
spostare la figlia a Gemona così da far perdere le sue tracce. Proprio mentre Giulia viene portata nella sua nuova dimora, però, la Percoto lo viene a sapere e riesce a organizzare un incontro tra i
due giovani alla stazione di Udine. Tra mille intrighi la storia continua ed è bellissimo vedere come Caterina si destreggia tra amici, conoscenti, prelati e politici pur di far vincere l’amore: la Contessa di Brazzà, Laura Veruda, Pacifico Valussi, il prof. Minisini, il comm. Luigi Pasqualigo, Jacopo Bernardi, il dott. Linusso, Luisa Serravallo, Monsignor Casasola, Jacopo Serravallo, Teresa Valussi, Marina Baroni… ma poi ci sono anche momenti di suspance come quando Caterina rischia di essere arrestata… Ma volete sapere come finisce la storia? Ovviamente l’amore, quello vero, trionfa beffandosi delle regole sociali e dei commenti delle persone ‘di mente corta’… e tutto questo con l’ovvia soddisfazione della nostra diabolica contessa…

Il budino di Caterina Percoto 
Caterina era una donna energetica e curiosa. Come abbiamo visto amava il progresso, guardare al futuro, fare progetti anche solo per l’emozione di vederne il  risultato e l’impatto sulla realtà. Veniva però anche affascinata da tutto quello che non conosceva e la sperimentazione aveva per lei un’attrazione irresistibile. Su questo argomento, bellissimo è un episodio della vita di Caterina del quale sono venuta a conoscenza leggendo l’epistolario tra l’autrice e una sua cara amica, Luisa Serravallo, moglie di un importante farmacista triestino (ancora oggi, in Cavana a Trieste, esiste la Farmacia Serravallo: consigliata una visita perché ha ancora i mobili originali!). Luisa era per la Percoto un canale di novità importante perché, vivendo a Trieste, vedeva in ante prima tutte le mode, le tendenze e gli oggetti inediti provenienti da tutto il mondo. Un giorno, Luisa manda a Caterina come omaggio uno stampo da budino. L’amica ringrazia con entusiasmo lodando la bellezza dell’oggetto e la bravura dell’artigiano che era stato capace di creare tanta bellezza. Alla fine della lettera però arriva la domanda inevitabile: ma che cosa è un budino? Caterina, nell’arretratezza delle campagne di Soleschiano, non poteva ovviamente conoscerne l’esistenza… L’affezionata Luisa risponde prontamente alla richiesta dell’amica inviando non solo alcune ricette ma anche ingredienti preziosi come uvette e cacao. Bastano pochi giorni e la Percoto si organizza per cominciare le prove. Noi forse non abbiamo idea della straordinaria energia che nel lontano ottocento poteva rappresentare anche solamente mettersi a fare un budino: per noi, provare una nuova ricetta non è difficile dal momento che gli ingredienti sono tutti al supermercato e poi abbiamo elettrodomestici, il frigorifero, il forno e anche una cucina calda e illuminata. Per Caterina, alla fine di giornate incredibilmente intense passate a lavorare a casa e in campagna, le cose invece erano molto diverse: una candela, il fuoco da accendere con la legna, gli ingredienti da conservare in cantina o comunque, visto la loro rarità, lontano da possibili ‘degustatori’. All’inizio delle prove Caterina non è per niente contenta: la consistenza del budino è troppo liquida e la cottura non uniforme. L’amica, dalla bella Trieste, le scrive lettere di supporto e Caterina comunque continua, quando può, a provare e riprovare.
Passerà qualche tempo, ma grazie alla costanza i risultati cominceranno a migliorare fino ad arrivare a venir giudicati ‘soddisfacenti’. Ma come sappiamo, è alla perfezione che mira la nostra
contessa e negli anni, nelle lettere con Luisa, ogni tanto qualche commento sul budino compare: all’inizio senza grandi entusiasmi ma poi con una decisa competenza, che possiamo vedere anche nella continua richiesta di nuovi ingredienti come la vaniglia, il rhum o i fichi secchi

> Letture per il tema Caterina Percoto e il progresso

Dalla novella ‘I gamberi’ (pagina 119)
Così il vapore, quest’altro monumento della potenza dell’uomo, l’aveva ella bensì sognato come ala d’uccello, come fulmine, in tutte le bizzarre combinazioni che piò suggerire la fantasia
inesperta, ma dinanzi al fatto positivo in azione e agli uomini indifferenti, non curanti, che lo usufruttavano, sbalordiva; e le pareva immensurata e quasi audace la forza di questa scintilla
divina, che sta nascosta nella povera creta caduca e che si chiama umano ingegno.

Dalla novella ‘La coltrice nuziale’ (pagina 332-333)
Chi può descrivere la contentezza che le raggiava la faccia, allorché vestita da viaggio insieme collo zio montò sulla strada ferrata? Il volo del vapore era assai men rapido del suo ardente desiderio, e guardava con ansia al sole che le pareva non volesse mai tramontare. La notte, mentre la maggior parte dei viaggiatori dormivano, ella, aperta la finestrella, contemplava la colonna di ardenti scintille della locomotiva che il vento arrovesciava all’indietro come la chioma del serafino che attraversa il deserto, ed era da lei benedetta più della nube che guidò gli Ebrei alla terra promessa.
Quando apparve l’alba, le si dispiegò dinanzi la bella vallata di Gratz, e il sole nascente specchiava nelle acque del fiume che là corre. A Lubiana udì i primi accenti del suo caro dialetto, e sull’alto del Prevalt le parve di sentir l’aura che veniva dal suo paese… Oh la patria! La patria!… e il cuore le batteva rapido, le tremavano le ginocchia, e commosso dall’infinito affetto lagrimava.

Dalla novella ‘Il licof’ (pagina 168-169)
In somma, (il cavaliere di F***) era uno di quei rari uomini, che in qualunque posizione sanno farsi centro di movimento e di vita; ma che se la sorte fa salire al potere e pone a capo delle cose, sono benedizione al paese che li possiede, e segnano un’epoca certa di progresso e di ben essere universale. Salito rapidamente in carriera, ed in grazie del suo merito e dei servigi prestati, onorato di un impiego importante, egli tornava nella provincia affidata al suo governo; dove la sua attività, cresciuta in proporzione al suo grado, poteva paragonarsi al perno che fa girare la ruota, o alla possente locomotiva che trascina il convoglio d’una strada ferrata.

Passo tratto dal Diario di Caterina Percoto (BCU, f.p., MS4088 – brano riferito al processoPasso tratto dal Diario di Caterina Percoto (BCU, f.p., MS4088 – brano riferito al processo
Lafarge dove una donna di lettere veniva accusata di omicidio. L’accusatore basò la sua arringa sottolineando come la cultura fosse dannosa alle donne)enza: il lungo baffo di fumo bianco, la velocità e le scintille della locomotiva risvegliano però in lei un grande entusiasmo tanto che questi elementi troveranno posto in diverse novelle, dal ‘Il Licôf’ alla ‘La Coltrice Nuziale’.
Molto interessante per sottolineare quanto la Percoto fosse attenta al mondo a lei contemporaneo – e questo lo troviamo soprattutto nella novella ‘Il contrabbando’ – è il riferimento

Pagina aggiornata il 26/02/2025

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